N.0011 – 241217 – Il Mistero sulla sepoltura di Dante Alighieri

20171224_000716-11852772468.jpgNel 1865, durante i lavori di restauro per il VI centenario della sua nascita, un operaio ritrovò una cassetta con un’iscrizione. La fortuna volle che un giovane studente, tale Anastasio Matteucci, riconobbe che quel contenitore custodiva le spoglie mortali del Sommo Poeta. Lo studente trattenne la scatola per qualche giorno giustificandosi sostenendo che quel tempo gli era servito per appurare l’autenticità della scoperta. Successivamente altri esperti esaminarono l’iscrizione e le ossa ritrovate confermando la tesi del Matteucci. La salma fu quindi ricomposta ed esposta al pubblico per qualche mese in un’urna di cristallo. Negli anni successivi il nome di Anastasio Matteucci cadde nell’oblio, diventò uno stimato notaio e visse una vita apparentemente normale. Il Matteucci morì negli anni ’20 del secolo scorso e gli eredi, rovistando tra gli oggetti appartenuti al defunto, ritrovarono un breve memoriale scritto a mano dal Matteucci in cui aveva descritto i fatti che seguirono il ritrovamento delle spoglie dantesche. Il giovane studente rivelò che nell’urna non c’erano solo le ossa dell’Alighieri ma anche un ciondolo con una pietra nera, il Matteucci aveva realizzato anche un disegno di questo ciondolo: aveva la forma di una stella a sette punte con incastonata al centro una pietra ovale di colore scuro. Nel manoscritto si parlava di una strana proprietà di questo monile: la capacità di mettersi in contatto con i defunti. Lo studente scrisse che gli fu sufficiente tenere in mano il ciondolo per pochi istanti per veder apparire davanti a sé il padre morto pochi anni prima, lo stesso Alighieri apparve e confermò egli stesso che le ossa deposte nella cassetta erano le sue. Matteucci non nasconde il terrore che aveva provato nel vedere comparire dal nulla, “come un’ombra su un tendone invisibile”, la figura di suo padre prima e di Dante poi. Il suo terrore aumentò quando quelle figure si dimostrarono tutt’altro che benevole e felici di vederlo, anzi, lo ammonirono di non chiamarle più. L’uomo, alla fine del manoscritto, spiega che sarà sua cura disfarsi di quel ciondolo affinché nessuno richiami quelle anime dal loro mondo al nostro. Il monile in effetti non fu mai più ritrovato. Desta qualche domanda il fatto che successivamente le spoglie mortali del Sommo Poeta furono ritumulate all’interno del tempietto del Morigia, in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo.

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